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sabato 18 giugno 2011

Giustizia - 2

L'editoriale de il Foglio di Sabato 18 Giugno mette il giusto accento su un problema tanto evidente quanto ignorato: l'intreccio tra magistratura e politica. Non inteso come "persecuzione" nei confronti del Premier ma sulla facilità con cui i magistrati si prestino alla politica attiva.

E la facilità con cui ottengono consensi bene esprime il senso di facile giustizialismo, del tipo della caccia all'untore di manzoniana memoria, che pervade non solo le pagine della carta stampata ma qualsiasi tipo di social network.
Sentimento più degno di una dittatura sudamericana che di una Democrazia occidentale come l'Italia.

Atteggiamento di perbenismo di facciata che nasconde la profonda incoerenza di chi lo promuove e sostiene.

Ci potrà ancora essere una fiducia incondizionata nella giustizia "uguale per tutti" se pochi giudici calamitano l'attenzione dei mass media sul proprio lavoro, e se vengono criticati per l'attenzione ossessiva che rivolgono a certi problemi, subito si elevano scudi umani a protezione cieca e indubbia sul loro operato?

Perché non viene espresso un uguale sdegno quando un magistrato, o chi per esso, fa scadere i termini per la conferma dei termini per la custodia cautelare di un acclarato mafioso? Oppure vengono sbagliati gli indirizzi per la notifica degli processuali e tutto deve ripartire da capo?

Forse, e sottolineo forse, quando ci si straccerà le vesti anche per questi casi si sarà ristabilito il ruolo della Giustizia e il rispetto dovutole.

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