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domenica 20 novembre 2011

Giovinezza

Cercando altre informazioni sul mio inseparabile taccuino ho trovato questo ritaglio di giornale.
Ve lo riporto integralmente, senza commenti.

"La giovinezza non è un periodo della vita. Essa è uno stato dello spirito, un effetto della libertà, una qualità dell'immaginazione, un'intensità emotiva, una vittoria del coraggio sulla timidezza, del gusto dell'avventura sull'amore del conforto.
Non si diventa vecchi per aver vissuto un certo numero di anni. Si diventa vecchi perchè si è abbandonato il nostro ideale. Gli anni aggrinziscono la pelle, la rinuncia al nostro ideale aggrinzisce l'anima.
Le preoccupazioni, le incertezze, i timori, i dispiaceri sono i nemici che lentamente ci fanno piegare verso terra e diventare polvere prima della morte. 
Giovane è colui che si stupisce e si meraviglia, che si domanda come un ragazzo insaziabile "e dopo?", che sfida gli avvenimenti e trova gioia nel gioco della vita.
Voi siete così giovani come la vostra fiducia per voi stessi, così vecchi come il vostro scoramento.
Voi resterete giovani fino a quando resterete ricettivi. Ricettivi di ciò che è bello, buono e grande, ricettivi ai messaggi della natura, dell'uomo e dell'infinito.
E se un giorno il vostro cuore dovesse essere mosso dal pessimismo e corroso dal cinismo, possa Iddio avere pietà della vostra anima di vecchi".

Generale Douglas MacArthur ai cadetti di West Point nel 1945.

venerdì 4 novembre 2011

la calunnia

Serata operistica ieri. Il Rigoletto di Giuseppe Verdi agli Arcimboldi di Milano (che detto per inciso ha registrato il tutto esaurito). Ma mentre ascoltavo le arie dell'opera mi tornavano insistentemente in mente le parole di un'altra celeberrima aria: la Calunnia.


Aria che ben rappresenta lo stato attuale del Paese dove giornali e giornalisti ci hanno portato: il bombardamento continuo di notizie pessimistiche sulla realtà italiana, spesso con il solo fine di deligittimare il Governo. E non si tratta di partigianeria politica ma il giusto sentimento di orgoglio verso il proprio Paese che non merita di essere bistratto in maniera così bieca.
Non siamo la Grecia, non siamo la Spagna. Siamo l'Italia, 3° economia europea e 7° mondiale.
Tutti i giorni gli imprenditori italiani, specialmente quelli che non frequentano molti salotti, combattono per la sopravvivenza delle loro imprese e non per un mero senso di profitto, ma per il mantenimento del benessere sociale che deriva dalle loro aziende.

Insopportabile poi è l'ipocrisia degli stessi mezzi di comunicazione nelle cui pagine e servizi televisivi, dopo aver calunniato l'Italia, con frasi o voci affrante lamentano il calo di fiducia delle famiglie e dei consumatori.

Conqueste frasi non si vuole dire che tutto è bello e tutto va bene: c'è molto lavoro da fare DA PARTE DI TUTTI: imprese, Governo e Parlamento, sindacati e anche noi cittadini (basterebbe iniziare tirando l'acqua nei bagni pubblici) ma il punto di partenza non è così male.

I fondamentali del Paese sono buoni e solidi; c'è molta voglia di fare in molta parte della popolazione. Bisogna rimboccarsi le maniche e rifiutarsi di dare ascolto ai (falsi) profeti di sventura.

mercoledì 26 ottobre 2011

Talenti

Il breviario della Domenica de il Sole 24Ore è incentrato sulla parabola dei talenti tratta dal Vangelo di Matteo. E mi ha molto colpito che monsignor Ravasi, capace di delicate riflessioni, si sia addentrato in un argomento economico.
Ma la parabola dei talenti, senza nessuna pretesa di esegesi biblica, oltre alla capacità del servo buono di far fruttare finanziariamente il capitale messogli a disposizione può essere letta come la capacità di sfruttare economicamente il proprio talento.
Pertanto il talento non è solamente la moneta d'oro che opportunatamente investita dà i suoi frutti ma ancor di più la capacità di saper fare, ideare, andare sul mercato a vendere i propri prodotti.
Tanti imprenditori italiani dovrebbero rileggere approfonditamente la parabola dei talenti e cercare di (ri)trovare quello spirito, forse un po' piratesco, che ci ha consentito di conseguire ottimi risultati e fare del made in Italy un insieme di beni e conoscenze uniche.

domenica 16 ottobre 2011

Mario Draghi

Vi consiglio caldamente di leggere l'intervento del Governatore Mario Draghi pubblicato su il Foglio e il Sole 24 Ore che dà una visione non declinista del nostro Paese.

Indignato!

E' ampiamente riconosciuto che il mondo finanziario ha serie e complesse responsabilità in questo momento di attacco speculativo ai debiti sovrani, e alle stesse banche che sottoscrivono le emissioni statali.
Fin dai tempi dell'Università c'è "attrito" tra la visione finanziaria e quella industriale delle imprese: c'è chi vorrebbe massimizzare il risultato corrente mediante distribuzioni di utili agli azionisti e sfruttare il capitale di debito, e chi, come me, preferisce utilizzare i mezzi propri per promuovere gli investimenti necessari a rinnovare i macchinari, sfruttare nuove opportunità imprenditoriali e, in fin dei conti, creare benessere a più lunga durata.
Ogni giorno lottiamo con banche che sempre più difficilmente erogano finanziamenti alle imprese che vogliono crescere, e ci sentiamo assai delusi quando dagli stessi istituti vengono approvati piani di ristrutturazione del debito di enormi imprese stracotte. 
Eppure continuiamo a dare il nostro supporto a queste piccole aziende italiane che costituiscono REALMENTE la spina dorsale del nostro Paese.

Diventa quindi comprensibile la rabbia esplosa in guerriglia ieri a Roma? NO!!!
Esprimiamo, noi sì, l'indignazione di chi quotidianamente affronta la situazione economica cercando soluzioni e spunti quando abbiamo visto le immagini di una città messa a ferro e fuoco da pochi, sbandati, deficienti che non sapevano come impegnare un bel pomeriggio di metà autunno.

Chiudo citando una mia amica imprenditrice sui manifestanti di ieri "Ma non possono cercarsi un lavoro?"


venerdì 16 settembre 2011

Credibilità - appendice

Vi segnalo il link al sito dell'Istat dove si può vedere la capacità delle imprese di creare ancora prodotti apprezzati all'estero.

giovedì 15 settembre 2011

Credibilità

Leggo su molti giornali che fattore essenziale per ridurre lo spread tra BTP e Bund è la credibilità del Paese.
La cosa buffa, perchè c'è sempre il risvolto comico in queste situazioni, è che sono proprio questi stessi giornali a parlare male del nostro Paese, dando (in)volontariamente il destro alla stampa straniera.
Fatti salvi i meriti di Roberto Saviano di aver saputo raccontare quella realtà, è mai possibile che i successi del Ministero degli Interni e della Giustizia, indipendentemente dal colore politico, in fatto di lotta alla criminalità vengano taciuti?

Dove sono i giornalisti?

E' mai possibile che sui giornali faccia più notizia una azienda che delocalizza e non una impresa che torna in Italia? Quanti sanno che il software che permette di ruotare l'immagine dell'iPhone e iPad sono state sviluppate a Vimercate, Italia?

Dove sono i giornalisti?

Se non parliamo di queste cose come possiamo pretendere che all'Estero il nostro caro Paese abbia una migliore immagine di quella percepita?
Come possiamo sostenere e sollecitare una maggiore interrelazione tra scuola e impresa se l'Italia sembra un Paese arretrato tecnologicamente?


Dove sono i giornalisti? 





Qui ci vuole uno scatto di serio orgoglio verso i nostri successi che non sono così a "macchia di leopardo" come possa sembrare.

Basterebbe esporre al proprio balcone, finestra, poggiolo la bandiera verde, bianca e rossa. Un piccolo gesto, tanto per iniziare.




Libertà di assumere

Sono personalmente deluso dalla incapacità decisionale dimostrata dal Governo in questa occasione proficua per apportare grosse e rilevanti modificazioni agli assetti della spesa pubblica. Si è preferito, spero solo momentaneamente, prendere la via facile delle tasse e ritardare di qualche settimana la via delle scelte pro-crescita.

Fortunamente, e so di attirarmi l'antipatia di molti, è stato mantenuto l'articolo 8 in cui viene introdotta forse l'unica norma pro crescita della manovra: la libertà di assumere.
E sì, perchè facilitando la procedura di licenziamento, che verrà comunque concordata con i sindacati locali, si danno all'impresa maggiori opportunità di assumere personale utilizzando correttamente gli strumenti della legge Biagi: strumenti di lavoro flessibile che non saranno più un mezzuccio per aggirare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ma una corretta introduzione e uscita dal mondo del lavoro.
A questo punto diventa importante il ruolo giocato dalle RSU e RSA nelle trattative: importante perchè in Italia ci sono sindacati, o forse sindacalisti, che assurgendo a paladini della giustizia sociale hanno mietuto più vittime di tanti "padroni".




domenica 28 agosto 2011

Arte - il filo di Arianna - GIOVANNI BONALDI

 
GIOVANNI BONALDI - il filo di Arianna

Palazzo Municipale di Seriate (BG) dal 11 Settembre al 1 Ottobre 2011.

Domenica 11 Settembre 2011 inaugurazione alle ore 10,30 presso la Biblioteca Civica annessa al Palazzo Municipale.

Catalogo delle opere di Giovanni Bonaldi con una poesia di Arturo Schwarz acquistabile in mostra.


mercoledì 10 agosto 2011

Crisi finanziarie e speculazioni

La quotidiana pressione esercitata sui mercati azionari mondiali, e dalle società di rating e da puri e semplici speculatori finanziari, mi spinge a sollecitare l'esigenza di nuove regole deontologiche per gli operatori finanziari.
Se la Borsa non è più un luogo dove si incontrano diverse intrepratazioni sulle aspettative delle aziende, industriali o bancarie, è sicuro che gli enti regolatori devono adeguare il loro ruolo di tutela e controllo.

Si è sempre saputo che in borsa si guadagna e si perde.

Ci si arrabbia o si ride dalla gioia.

Ma vedere come certa gente stia sputando nel piatto dove mangia fa solamente incazzare, semplicemente.

domenica 24 luglio 2011

Ma l'America è in America?

Tornato da un recente viaggio di lavoro negli Stati Uniti mi sono concesso il lusso di una passeggiata per le strade di Manhattan, New York. Così, senza preconcetti, da semplice osservatore.

Camminando per le vie della città quello che più mi ha colpito non sono i grattacieli, o le torme di turisti (principalmente italiani...) che si affannano per salire, entrare, vedere, comprare, ma la gente della città. Capita così di incontrare a pochi metri di distanza, nella più totale indifferenza reciproca, la scioretta (termine milanese intraducibile per il suo significato intrinseco) miliardaria seduta fuori da Central Park in attesa del marito o delle amiche, e il barbone, l'homeless, attorniato dal suo carrello e le poche cose che rappresentano la sua esistenza. Indifferenza.
Fatti poi pochi passi verso la 5th Avenue fuori dalla boutique di uno dei marchi maggiormente falsificato al mondo (e questo sta a sottolinearne il successo) una disoccupata che, con un cartello scritto in bella grafia, racconta tutta la società americana dall'Ottobre del 2008 a oggi. Con una dignità imbarazzante per chi la guarda o legge il cartone. Ma anche qui indifferenza. O non voler guardare?

Entrato poi in un negozio di un noto marchio americano per un po' di acquisti ho avuto, non dico la certezza, ma almeno un indizio dell'inizio dei problemi degli Stati Uniti: non c'era un capo di abbigliamento prodotto in USA o, per lo meno, in Europa. Quasi tutto (per concedere il beneficio del dubbio) realizzato in Cina o in altre economie emergenti dell'Oriente.
Bieco nazionalismo il mio?
A loro la scelta; per me si tratta dell'evidenza di come quella nazione che ha inventato l'industria di massa stia perdendo, e purtroppo non lentamente, la sua capacità manifatturiera che non è solo la Ford o la General Motors ma tutto l'insieme di fabbriche, laboratori e botteghe che realizzavano i prodotti di uso comune.

A mio avviso sarà difficile per loro, e tra un po' per noi europei, risalire la china della crisi economica se continuiamo a delocalizzare le produzioni manifatturiere svuotando i territori, oltre del lavoro in sè, di tutto il substrato di competenze e conoscenze pratiche.

sabato 18 giugno 2011

Giustizia - 2

L'editoriale de il Foglio di Sabato 18 Giugno mette il giusto accento su un problema tanto evidente quanto ignorato: l'intreccio tra magistratura e politica. Non inteso come "persecuzione" nei confronti del Premier ma sulla facilità con cui i magistrati si prestino alla politica attiva.

E la facilità con cui ottengono consensi bene esprime il senso di facile giustizialismo, del tipo della caccia all'untore di manzoniana memoria, che pervade non solo le pagine della carta stampata ma qualsiasi tipo di social network.
Sentimento più degno di una dittatura sudamericana che di una Democrazia occidentale come l'Italia.

Atteggiamento di perbenismo di facciata che nasconde la profonda incoerenza di chi lo promuove e sostiene.

Ci potrà ancora essere una fiducia incondizionata nella giustizia "uguale per tutti" se pochi giudici calamitano l'attenzione dei mass media sul proprio lavoro, e se vengono criticati per l'attenzione ossessiva che rivolgono a certi problemi, subito si elevano scudi umani a protezione cieca e indubbia sul loro operato?

Perché non viene espresso un uguale sdegno quando un magistrato, o chi per esso, fa scadere i termini per la conferma dei termini per la custodia cautelare di un acclarato mafioso? Oppure vengono sbagliati gli indirizzi per la notifica degli processuali e tutto deve ripartire da capo?

Forse, e sottolineo forse, quando ci si straccerà le vesti anche per questi casi si sarà ristabilito il ruolo della Giustizia e il rispetto dovutole.

domenica 22 maggio 2011

Papaveri e papere - 5

La boutade del Senatore Umberto Bossi sul trasferimento dei ministeri a Milano spero tanto resti una boutade da campagna elettorale.

Penso che la Città di Milano meriti piuttosto un ruolo di primo piano nei tanto attesi Stati Generali dell'Economia dove poter discutere serenamente e proattivamente delle reali necessità per far tornare l'Italia un luogo dove investire:
  • Semplificazione fiscale: troppi sono gli adempimenti quotidiani che una impresa deve rispettare, oltre all'impegno finanziario;
  • Semplificazione legislativa: non sarebbe conveniente riassumere in un corposo Testo Unico dell'impresa tutte le leggi che regolamentano, vincolano, e gestiscono il mondo dell'imprenditoria?
  • Riforma del lavoro: a fronte di una crescente offerta di lavori manuali la domanda cala paurosamente. Se non riportiamo il manifatturiero e il lavoro manuale al centro della discussione il futuro sarà veramente grigio.

mercoledì 11 maggio 2011

Giustizia - 1

Mi hanno molto colpito le foto esposte fuori dal Tribunale di Milano ieri l'altro. Mi hanno colpito perchè sono stati scelti uomini di legge sconosciuti o dimenticati dai più.
Brillanti esempi di servitori dello Stato, con elevato senso civico, che hanno dedicato alla missione loro affidata la propria vita lavorativa.

E proprio da questi uomini e, forse perchè conosciuto meglio da chi scrive, da Giorgio Ambrosoli in particolare dovremmo prendere spunto quando chiamati a rendere un servizio alla Stato, e alla Patria.

Aver esposto queste foto, oltre a onorare la memoria delle persone, serve a ringraziare tutti quei magistrati che quotidianamente, lontano dalle luci della ribalta (della piazza o dei salotti televisivi), adempiono al loro dovere di far rispettare la legge. E di cui nessuno conosce i nomi.

venerdì 6 maggio 2011

Papapeveri e papere - 4

Il confermato successo del Salone del Mobile di Milano, e dei suoi fuorisalone, sono spunto per una ulteriore riflessione sul mondo del lavoro.
Se è vero che la componente di design, quindi concettuale, diventa sempre più importante nella decisione sia di vendita sia di acquisto, ciò rischia di far dimenticare l'aspetto, quasi nascosto, della realizzazione dei mobili.

Mi sembra lampante che senza bravi ed esperti mobilieri le idee dei designer rischiano di restare solamente sulla carta e noi ci ridurremmo a comprare brutti mobili industriali fatti nei paesi a basso costo di mano d'opera.

Abbiamo già commesso l'errore di vendere vecchie tecnologie, penso al settore tessile e calzaturiero, a Paesi in via di sviluppo, ampiamente sviluppati ormai, cerchiamo di non perdere anche questo.

lunedì 18 aprile 2011

venerdì 15 aprile 2011

Papaveri e papere 2

Proseguo la mia riflessione sul lavoro prendendo spunto dalla protesta di alcuni giorni fa dei letturisti dell'azienda del gas di Roma.
Protesta rivolta a tramutare una posizione di lavoro a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato. Appresa questa notizia mi sono chiesto se tale manifestazione fosse "giusta e sacrosanta". La risposta è stata no, assolutamente no.
Come è possibile immaginare di fare tale mestiere per una intera vita? Dovrebbe essere un lavoro temporaneo per studenti universitari che, grazie alla legge Biagi, possono svolgere questo mestiere momentaneo regolarmente.
Mi sono tornate allora alla mente le parole scritte da Mario Silvestri nella sua Caporetto, BUR: "il contratto a vita - in certi casi - [dovrebbe diventare] più un'ambizione del datore di lavoro, che un'aspirazione del lavoratore".
Pensiamoci.

lunedì 11 aprile 2011

Papaveri e papere - 1

L'attenzione che è nuovamente posta sul tema del precariato e sulla necessità di rafforzare la crescita economica mi spinge a questa riflessione, certamente provocatoria: ma abbiamo veramente bisogno di così tanti laureati?
Non sarebbe meglio riqualificare i livelli intermedi di istruzione per formare tecnici e operai di buon livello? Fatto salvo il diritto, e sottolineo diritto e non dovere acquisito, all'accesso all'istruzione universitaria superiore bisogna riscoprire la dignità del lavoro manuale nelle fabbriche, nei laboratori artigianili, nei cantieri edili, etc.

Meglio tanti papaveri tutti uguali o qualcuno alto e altri bassi?
 

giovedì 7 aprile 2011

Don Luigi Sturzo "Appello agli uomini liberi e forti"

Il primo post di farimpresa lo dedichiamo a Don Sturzo con il suo appello di fondazione del Partito Popolare Italiano. E' il 1919, l'Italia si sta lentamente riprendendo dagli sconquasi provocati dalla Prima Guerra Mondiale, e dall'epidemia di Spagnola; nelle campagne il malumore dei reduci è sobillato dai germi del comunismo sovietico contrastato dai primi nuclei dei fascisti. Inizia il cosiddetto biennio rosso. Don Sturzo con grande lungimiranza lancia il suo manifesto per riformare il Paese e alcune sue proposte sono ancora oggi di elevata attualità.

A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. E mentre i rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i paesi uniti nel vincolo solenne della "Società delle Nazioni".
E come non è giusto compromettere i vantaggi della vittoria conquistata con immensi sacrifici fatti per la difesa dei diritti dei popoli e per le più elevate idealità civili, così è imprescindibile dovere di sane democrazie e di governi popolari trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con i supremi interessi internazionali e le perenni ragioni del pacifico progresso della società.
Perciò sosteniamo il programma politico-morale patrimonio delle genti cristiane, ricordato prima da parola angusta e oggi propugnato da Wilson come elemento fondamentale del futuro assetto mondiale, e rigettiamo gli imperialismi che creano i popoli dominatori e maturano le violente riscosse: perciò domandiamo che la Società delle Nazioni riconosca le giuste aspirazioni nazionali, affretti l'avvento del disarmo universale, abolisca il segreto dei trattati, attui la libertà dei mari, propugni nei rapporti internazionali la legislazione sociale, la uguaglianza del lavoro, le libertà religiose contro ogni oppressione di setta, abbia la forza della sanzione e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli contro le tendenze sopraffattrici dei forti.
Al migliore avvenire della nostra Italia - sicura nei suoi confini e nei mari che la circondano - che per virtù dei suoi figli, nei sacrifici della guerra ha con la vittoria compiuta la sua unità e rinsaldata la coscienza nazionale, dedichiamo ogni nostra attività con fervore d'entusiasmi e con fermezza di illuminati propositi.
Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali - la famiglia, le classi, i Comuni - che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell'Istituto Parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale, non escluso il voto delle donne, e il Senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi nazionali, accademici, amministrativi e sindacali: vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari e la semplificazione della legislazione, invochiamo il riconoscimento giuridico delle classi, l'autonomia comunale, la riforma degli Enti Provinciali e il più largo decentramento nelle unità regionali.
Ma sarebbero queste vane riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nuova Società, il vero senso di libertà, rispondente alla maturità civile del nostro popolo e al più alto sviluppo delle sue energie: libertà religiosa, non solo agl'individui ma anche alla Chiesa, per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo; libertà di insegnamento, senza monopoli statali; libertà alle organizzazioni di classe, senza preferenze e privilegi di parte; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche.
Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e delle attività, che debbono trovare al centro la coordinazione, la valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie, che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere dall'anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all'autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale.
Le necessarie e urgenti riforme nel campo della previdenza e della assistenza sociale, nella legislazione del lavoro, nella formazione e tutela della piccola proprietà devono tendere alla elevazione delle classi lavoratrici, mentre l'incremento delle forze economiche del Paese, l'aumento della produzione, la salda ed equa sistemazione dei regimi doganali, la riforma tributaria, lo sviluppo della marina mercantile, la soluzione del problema del Mezzogiorno, la colonizzazione interna del latifondo, la riorganizzazione scolastica e la lotta contro l'analfabetismo varranno a far superare la crisi del dopo-guerra e a tesoreggiare i frutti legittimi e auspicati della vittoria.
Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, inspirandoci ai saldi principii del Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell'Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi di fronte a sconvolgimenti anarchici di grandi Imperi caduti, di fronte a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni identità, di fronte a vecchi liberalismi settari, che nella forza dell'organismo statale centralizzato resistono alle nuove correnti affrancatrici.
A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell'amore alla patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degl'interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo, a nome del Partito Popolare Italiano facciamo appello e domandiamo l'adesione al nostro Programma.
Roma, lì 18 gennaio 1919
LA COMMISSIONE PROVVISORIA
On. Avv. Giovanni Bertini - Avv. Giovanni Bertone - Stefano Gavazzoni - Rag. Achille Grandi - Conte Giovanni Grosoli - On. Dr. Giovanni Longinotti - On. Avv. Prof. Angelo Mauri - Avv. Umberto Merlin - On. Avv. Giulio Rodinò - Conte Avv. Carlo Santucci - Prof. D. Luigi Sturzo, Segretario Politico.